Questo è il Motivo Nascosto per Cui Alcune Persone Cambiano Continuamente Lavoro, Secondo la Psicologia
Hai presente quel collega che ogni sei mesi ha una nuova storia da raccontare? Nuovo ufficio, nuovo badge, nuovi colleghi. Oppure sei tu quella persona, e mentre tutti ti guardano come se avessi un problema serio con l’impegno, tu continui a chiederti perché diavolo non riesci mai a trovare il posto giusto. Bene, preparati perché quello che sto per dirti potrebbe cambiare completamente la tua prospettiva.
La psicologia ha scoperto qualcosa di interessante: cambiare continuamente lavoro non è sempre una questione di stipendio basso o capi insopportabili. Spesso c’è qualcosa di molto più profondo che sta succedendo nella tua testa. E no, non significa che sei pazzo o incapace di crescere. Significa semplicemente che il tuo cervello sta cercando di dirti qualcosa che ancora non hai capito.
Quando il Problema Non È il Lavoro, Ma Quello Che Ci Porti Dentro
La psicologa e psicoterapeuta Lucia Montesi ha identificato una distinzione fondamentale che cambia tutto: esistono motivazioni funzionali e motivazioni di fuga dietro al cambio di lavoro. Le prime sono sanissime, roba tipo cercare crescita professionale, migliori condizioni, nuove sfide. Le seconde invece sono più complicate, perché significano che stai usando il cambio di lavoro come strategia inconscia per evitare qualcosa che non vuoi affrontare.
Pensa a questo: quante volte hai iniziato un nuovo lavoro convintissimo che fosse perfetto, per poi ritrovarti dopo qualche mese con la stessa identica sensazione di prima? Stessi problemi, stesso senso di inadeguatezza, stessa voglia di scappare. Se ti succede sempre, forse il problema non sono i dieci posti di lavoro diversi che hai provato. Forse sei tu che ti porti dietro qualcosa ovunque vai.
Il Tuo Cervello Ha Fame di Novità e Non Riesce a Smettere
Alcune persone hanno letteralmente un bisogno neurologico di stimoli nuovi. Non è un capriccio da viziati, è proprio il modo in cui il loro cervello funziona. Gli studi sul sensation seeking, un tratto di personalità studiato dallo psicologo Marvin Zuckerman, dimostrano che certi individui sono biologicamente programmati per cercare esperienze nuove, intense e variegate. Per loro, la routine è come un lento veleno che spegne la motivazione giorno dopo giorno.
E c’è di più: questo bisogno costante di cambiamento è anche un sintomo riconosciuto del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association documenta come la ricerca di stimoli nuovi sia una caratteristica neurologica delle persone con ADHD. Attenzione però, questo non significa che chiunque cambi spesso lavoro abbia ADHD. Significa solo che esistono cervelli cablati diversamente, e alcuni hanno semplicemente bisogno di più varietà per funzionare al meglio.
Il punto è che se appartieni a questa categoria, probabilmente non è colpa tua se dopo un anno nello stesso ruolo ti senti morire dentro. Il tuo cervello sta letteralmente spegnendosi per mancanza di stimoli. La domanda diventa: come gestisci questa caratteristica senza mandare a rotoli la tua carriera?
La Fuga dalle Relazioni Che Fanno Paura
Eccoci arrivati a una delle scoperte più interessanti della psicologia del lavoro: per alcune persone, cambiare continuamente lavoro è un modo per evitare di creare relazioni autentiche. Restare nello stesso posto per anni significa inevitabilmente essere visti, conosciuti, compresi. Significa abbassare le difese e diventare vulnerabili di fronte ai colleghi. E per molti, questa prospettiva è terrificante.
La teoria dell’attaccamento di John Bowlby e gli studi successivi hanno dimostrato che chi ha vissuto traumi relazionali o ha sviluppato stili di attaccamento insicuri durante l’infanzia tende a replicare gli stessi schemi anche sul lavoro. Il risultato? Una persona che rimane sempre “di passaggio”, che non si fa mai conoscere davvero, che mantiene una distanza emotiva di sicurezza con chiunque incontri in ufficio.
Pensa a quante volte hai cambiato lavoro proprio quando le cose stavano diventando più personali. Proprio quando i colleghi stavano iniziando a conoscerti veramente, quando il capo stava iniziando a fidarsi di te, quando stavano per affidarti responsabilità maggiori. Se questo pattern ti suona familiare, forse non stai scappando dal lavoro. Stai scappando dall’intimità professionale.
Il Perfezionismo Che Ti Rovina la Vita
Sentite questa storia: esistono persone che cambiano continuamente lavoro perché niente, ma proprio niente, è mai abbastanza buono. Non l’azienda, non il team, non i progetti, non le opportunità. Sempre a caccia di quell’ambiente perfetto che, spoiler, non esiste.
Paul Hewitt e Gordon Flett, due ricercatori che hanno dedicato la carriera allo studio del perfezionismo, hanno identificato come il perfezionismo maladattivo porti a un’insoddisfazione cronica che contamina ogni area della vita. Ma il lavoro, essendo così centrale nella nostra identità, diventa il palcoscenico principale dove questo dramma si consuma.
Il perfezionista patologico idealizza ogni nuovo lavoro, costruendo aspettative impossibili da soddisfare. Quando la realtà inevitabilmente non corrisponde all’ideale, ecco che scatta la svalutazione e il bisogno irresistibile di cercare altrove. È un ciclo infinito di idealizzazione e delusione che non ha mai fine, perché il problema non è esterno ma interno.
Quando Proietti i Tuoi Conflitti sul Lavoro Sbagliato
Ecco la parte che nessuno vuole sentirsi dire: a volte usi il lavoro come capro espiatorio per problemi che non hanno niente a che fare con quello che fai otto ore al giorno. Sigmund Freud aveva identificato già nel 1926 i meccanismi di difesa e la proiezione come modalità con cui la mente sposta su oggetti esterni conflitti che sono in realtà interni.
Manfred Kets de Vries, esperto di dinamiche organizzative e comportamento manageriale, ha approfondito come molte persone utilizzino il contesto lavorativo per mettere in scena i propri conflitti psicologici irrisolti. Ti senti svalutato sul lavoro? Probabilmente è un senso di inadeguatezza che ti porti dentro da sempre e che proietti sul capo. Ti senti incompreso? Forse è una difficoltà comunicativa che hai in tutti gli ambiti della vita, non solo in ufficio.
Il punto è che puoi cambiare cento lavori, ma se il problema sei tu che non hai risolto certi nodi interiori, te li ritroverai sempre davanti. È come cercare di scappare dalla propria ombra cambiando città: spoiler, ti segue ovunque.
L’Ansia da Impegno Che Blocca Tutto
Proprio come esiste l’ansia da impegno nelle relazioni sentimentali, esiste anche quella professionale. Studi recenti pubblicati sul Journal of Vocational Behavior hanno documentato come molte persone sperimentino una paura paralizzante nel momento in cui devono impegnarsi con un percorso di carriera specifico.
Impegnarsi significa scegliere, e scegliere significa rinunciare ad altre possibilità. Per alcuni cervelli, questa prospettiva genera un’ansia insopportabile. E se stessi facendo la scelta sbagliata? E se ci fosse qualcosa di meglio là fuori? E se mi stessi perdendo l’opportunità della vita?
Questa forma di ansia è particolarmente comune nelle generazioni cresciute con l’illusione delle infinite possibilità. Quando tutto sembra accessibile, impegnarsi con qualcosa di specifico diventa paradossalmente più difficile. Il risultato è un job hopping continuo alimentato non dalla ricerca di crescita, ma dalla paura paralizzante di chiudere porte.
I Segnali Che Dovresti Ascoltare Invece di Ignorare
Come fai a capire se il tuo cambio di lavoro è sano oppure se nasconde dinamiche psicologiche che andrebbero esplorate? Gli esperti hanno identificato alcuni pattern rivelatori che vale la pena conoscere.
- Ti ritrovi sempre con gli stessi identici problemi in posti completamente diversi. Se ogni capo che incontri è un tiranno, se ogni collega è invadente, se ogni azienda è tossica, forse il pattern non è nel mondo esterno ma dentro di te
- Idealizzi il nuovo lavoro mentre svaluti rapidamente quello attuale. Questo ciclo è tipico di alcune dinamiche di personalità, incluso il disturbo borderline secondo le ricerche di Carla Sharp pubblicate su Current Psychiatry Reports
- Cambi lavoro esattamente quando le cose stanno diventando serie. Promozione in arrivo? Progetto importante? E improvvisamente senti un bisogno irresistibile di andartene. Questo è un classico esempio di autosabotaggio
- Non riesci a identificare cosa stai realmente cercando. Continui a cambiare ma non sai bene cosa ti renderebbe felice. Questa confusione cronica è spesso il segno che stai cercando attraverso il lavoro qualcosa che il lavoro non può darti
Se ti riconosci in questi segnali, forse non è il momento di cercare l’ennesimo annuncio su LinkedIn. Forse è il momento di fermarti e guardarti dentro con onestà.
Non Tutti i Cambiamenti Sono Uguali
Prima di iniziare l’auto-diagnosi selvaggia e convincerti che c’è qualcosa di profondamente sbagliato in te, fermati un attimo. Il contesto conta, e conta molto. Viviamo in un’epoca in cui il mercato del lavoro è radicalmente diverso da quello dei nostri genitori. La fedeltà aziendale non viene più premiata, le opportunità di crescita interna sono spesso inesistenti, e cambiare lavoro è frequentemente l’unico modo reale per aumentare lo stipendio in modo significativo.
Studi recenti di sociologia del lavoro documentano come in alcuni settori, specialmente nel tech e nelle industrie creative, cambiare lavoro ogni due o tre anni non solo è normale, ma è praticamente la norma culturale. In questi contesti, rimanere troppo a lungo nello stesso posto può addirittura essere visto negativamente, come mancanza di ambizione o di capacità di adattamento.
La vera differenza sta nella qualità della tua esperienza soggettiva. Se cambi lavoro e ti senti energizzato, in crescita, più soddisfatto di prima, probabilmente stai facendo scelte sane e funzionali alla tua evoluzione professionale. Se invece cambi lavoro e ti ritrovi sempre con lo stesso senso di vuoto, insoddisfazione o ansia che avevi prima, allora forse vale la pena fermarsi e fare qualche domanda più profonda.
La Differenza Tra Crescita e Fuga
Mark Savickas, pioniere della teoria della costruzione della carriera, ha evidenziato come il cambiamento lavorativo consapevole sia un segno di adattabilità e intelligenza professionale. Le persone che cambiano in modo funzionale hanno una narrazione coerente del proprio percorso. Sanno spiegare perché hanno fatto certe scelte, cosa hanno imparato da ogni esperienza, dove vogliono arrivare.
Chi invece cambia per motivi psicologici irrisolti tende ad avere una narrazione frammentata e contraddittoria. Gli altri sono sempre il problema. Le circostanze sono sempre sfortunate. Non c’è mai un filo conduttore che dia senso alle scelte fatte. Se ti riconosci in questa seconda categoria, forse è arrivato il momento di guardare dentro invece che fuori.
Cosa Fare Se Ti Sei Riconosciuto
Se leggendo tutto questo hai avuto qualche campanello d’allarme, non è il momento di farti prendere dal panico o di sentirti sbagliato. È il momento di essere semplicemente curioso verso te stesso, senza giudizio.
La consapevolezza è già un passo enorme. Riconoscere che forse c’è un pattern che si ripete è un’informazione preziosa che molti non hanno mai il coraggio di guardare in faccia. Da questa consapevolezza puoi iniziare a farti domande più oneste: cosa sto davvero cercando? Da cosa sto scappando? Quali bisogni sto cercando di soddisfare attraverso il lavoro?
La British Psychological Society, nelle sue linee guida sugli interventi psicologici evidence-based, sottolinea come riconoscere pattern comportamentali ripetitivi sia il prerequisito necessario per qualsiasi cambiamento reale. E a volte, per esplorare questi pattern in profondità, serve l’aiuto di un professionista. Un percorso di psicoterapia può essere incredibilmente utile in questi casi. Non perché sei rotto o malato, ma perché avere uno spazio protetto dove esplorare le tue dinamiche con qualcuno che sa cosa sta cercando può fare la differenza tra continuare a ripetere gli stessi errori e finalmente comprenderti abbastanza da fare scelte diverse.
Il Lavoro Su di Sé Prima del Prossimo Badge Aziendale
La domanda che dovresti farti è questa: puoi investire nella tua crescita personale prima di cambiare ancora una volta lavoro? Puoi darti l’opportunità di esplorare cosa sta succedendo dentro di te prima di cercare ancora una volta la soluzione fuori?
Non significa condannarsi a rimanere in un lavoro che ti rende oggettivamente infelice. Significa semplicemente prenderti il tempo necessario per capire se quell’infelicità viene davvero dal lavoro o da qualcos’altro. Significa investire nella tua salute psicologica tanto quanto investi nella tua crescita professionale.
Perché alla fine, quello che tutti stiamo cercando è un senso di appartenenza, significato e realizzazione. E a volte la strada per trovarlo passa attraverso la comprensione profonda di noi stessi, dei nostri bisogni reali, delle nostre paure nascoste. Passa attraverso il coraggio di fermarsi e guardare dentro, invece di continuare a correre verso il prossimo posto che promettiamo a noi stessi sarà finalmente quello giusto.
Il lavoro può dirti moltissimo su chi sei, non solo in termini di competenze ma anche di pattern psicologici, bisogni emotivi e conflitti che ancora non hai risolto. Imparare ad ascoltare questi segnali invece di soffocarli con l’ennesimo cambio può essere la differenza tra una vita professionale vissuta in superficie e una realmente soddisfacente e autentica.
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