La transizione dall’adolescenza all’età adulta rappresenta oggi una fase sempre più complessa e prolungata, che porta molti giovani a rimanere nella casa familiare ben oltre i vent’anni. In Italia l’età media di uscita dalla famiglia di origine è tra le più alte in Europa: nel 2023 i giovani italiani lasciano la casa dei genitori in media intorno ai 30-31 anni, contro una media europea di circa 26 anni. Questa situazione crea dinamiche relazionali inedite che richiedono un ripensamento profondo del ruolo genitoriale. Non si tratta più di educare bambini, ma nemmeno di convivere con adulti pienamente indipendenti: è una zona grigia che può generare confusione, frustrazione e conflitti silenziosi.
Il nodo centrale: autorità versus affetto
Molte madri si trovano intrappolate in un dilemma: come mantenere un rapporto affettuoso e complice con figli ormai adulti senza rinunciare al diritto di stabilire regole nella propria casa? Il timore è quello di essere percepite come autoritarie, di rovinare il legame costruito negli anni, di trasformare la casa in un campo di battaglia. Tuttavia, la ricerca sulle dinamiche familiari indica che la mancanza di regole e confini chiari non protegge il rapporto, ma può aumentare il conflitto.
Gli studi sulla definizione dei confini genitoriali mostrano che confini definiti e coerenti sono associati a minori livelli di conflitto e a migliori esiti psicosociali nei figli adolescenti e giovani adulti. I giovani adulti hanno bisogno di confini, seppur diversi da quelli dell’adolescenza: non per essere controllati, ma per capire che ogni convivenza, anche quella familiare, si basa su un contratto sociale implicito fatto di rispetto reciproco e responsabilità condivise. Le ricerche sulle relazioni genitori-figli mostrano che combinare calore affettivo e chiare aspettative contribuisce a una migliore regolazione emotiva e a maggior senso di responsabilità nei giovani.
Dalla dipendenza all’interdipendenza: ridefinire gli equilibri
Il primo passo consiste nel riconoscere che la situazione attuale non rappresenta un fallimento personale, ma il risultato di cambiamenti socioeconomici profondi: mercato del lavoro instabile, salari bassi, precarietà abitativa. In psicologia dello sviluppo, questa fase è stata descritta come giovinezza emergente, caratterizzata proprio da una prolungata transizione tra adolescenza e età adulta, con ritardo nei ruoli tradizionali di adulto come lavoro stabile, uscita di casa, matrimonio e figli.
Questa fase viene identificata come un periodo tra i 18 e i 29 anni in cui molti giovani sono biologicamente adulti ma socialmente in una condizione di semi-dipendenza. Questa consapevolezza aiuta a ridurre il senso di colpa e permette di affrontare la questione con maggiore lucidità . Il problema non è stabilire chi comanda, ma costruire un nuovo patto di convivenza basato sull’interdipendenza: genitori e figli contribuiscono entrambi, pur con ruoli diversi, al buon funzionamento della vita domestica.
Strategie concrete per ristabilire confini sani
Il cambiamento richiede azioni concrete e coerenti nel tempo, non gesti drammatici che rischiano rotture inutili. Molte indicazioni pratiche sono in linea con gli interventi utilizzati in terapia familiare e nei programmi psicoeducativi per genitori di adolescenti e giovani adulti.
- Convocare una riunione familiare formale: scegliere un momento neutro, non durante o dopo un conflitto. Presentare la conversazione non come un ultimatum, ma come una necessità di riorganizzazione della vita domestica per il benessere di tutti. L’uso di incontri familiari strutturati è raccomandato in diversi programmi per favorire una comunicazione chiara e collaborativa.
- Definire aspettative specifiche e misurabili: evitare richieste generiche come “dovresti essere più responsabile” a favore di accordi precisi: orari entro cui avvisare se si rientra tardi, rotazione delle faccende domestiche, contributo economico mensile proporzionato alle possibilità . La letteratura mostra che accordi chiari e osservabili riducono ambiguità e conflitti.
- Collegare diritti e responsabilità : chi vive in casa gode di vantaggi economici e pratici tangibili. È legittimo chiedere in cambio contributi concreti, che preparano anche alla futura autonomia. Gli studi sulla preparazione alla vita indipendente indicano che la partecipazione a spese e compiti domestici è associata a un miglior adattamento quando i giovani lasciano la casa dei genitori.
- Implementare conseguenze naturali: se non si partecipa alla spesa, non si può pretendere che il frigorifero sia sempre rifornito secondo i propri gusti; se non si rispettano gli spazi comuni, si limitano i privilegi di utilizzo. L’uso di conseguenze naturali e logiche è un principio consolidato nei modelli educativi basati sulla responsabilizzazione, che mostrano effetti positivi su senso di autoefficacia e responsabilità nei giovani.
Il coraggio della fermezza amorevole
Nella psicologia delle relazioni familiari esiste un concetto che corrisponde alla fermezza amorevole: la genitorialità autorevole, che combina alto calore affettivo e alto livello di struttura e richieste. Questo approccio è associato a migliori esiti psicologici rispetto sia allo stile autoritario, caratterizzato da tante regole e poco calore, sia a quello permissivo, con tanto calore ma poche regole.

Nella pratica, significa comunicare messaggi del tipo: “Ti voglio bene e proprio per questo non posso continuare a permettere una situazione che crea risentimento in me e non ti prepara alla vita reale”. La ricerca mostra che quando i genitori riescono a unire calore, rispetto e fermezza, i figli percepiscono le regole come più legittime e sviluppano una migliore autonomia.
Gestire le resistenze e i sensi di colpa
È prevedibile che i figli resistano al cambiamento, specialmente se la situazione attuale è per loro comoda. Possono accusare il genitore di essere cambiato, di essere diventato rigido o esagerato. Gli studi sui processi di cambiamento familiare indicano che le resistenze iniziali sono frequenti quando si modificano regole consolidate e non sono, di per sé, segnali di rottura affettiva, ma reazioni alla perdita di vantaggi o di abitudini.
Il senso di colpa materno, spesso alimentato da modelli culturali che enfatizzano il sacrificio totale, rappresenta un ostacolo importante. Le ricerche sul benessere delle caregiver familiari mostrano che la negazione dei propri bisogni è associata a maggiore stress, sintomi depressivi e burnout. Riconoscere i propri bisogni e limiti non è egoismo, ma un atto di rispetto verso sé stesse che, sul piano educativo, trasmette ai figli il valore della reciprocità e dei confini personali. Gli studi sulla cura di sé genitoriale indicano che i genitori che tutelano il proprio benessere tendono a mostrare stili educativi più coerenti e meno intrusivi.
Preparare all’autonomia, non solo ospitare
La convivenza prolungata può rappresentare un’opportunità per trasmettere competenze di vita: gestione del denaro, organizzazione domestica, pianificazione del lavoro e dello studio, piuttosto che un parcheggio dove tutto viene fornito passivamente. Queste competenze sono considerate cruciali per l’ingresso nella vita adulta e nel mondo del lavoro.
Una madre che stabilisce regole chiare e chiede contributi concreti sta, di fatto, offrendo un allenamento alla vita adulta: nel mondo del lavoro e nella vita autonoma, i giovani dovranno confrontarsi con limiti, responsabilità e conseguenze. Gli studi longitudinali mostrano che la responsabilizzazione graduale in famiglia, come la partecipazione alle decisioni domestiche, la gestione di piccole spese e compiti stabili, è associata a una transizione più fluida verso l’indipendenza abitativa e lavorativa.
Questo cambio di prospettiva trasforma la questione da problema relazionale a progetto educativo di lungo periodo. Non si tratta di imporre l’autorità per principio, ma di accompagnare verso l’autonomia attraverso una palestra protetta dove sperimentare responsabilità crescenti, con possibilità di errore e aggiustamento.
Le tensioni attuali non sono necessariamente il segno di un rapporto compromesso, ma spesso indicano che è arrivato il momento di evolvere verso una relazione più matura e paritaria. Nelle ricerche sulle famiglie si osserva che il passaggio da una relazione genitore-figlio asimmetrica a una relazione più tra adulti che si rispettano reciprocamente è spesso preceduto da fasi di tensione e rinegoziazione dei ruoli.
Il rispetto autentico nasce dalla chiarezza dei confini, non dalla loro assenza. Stabilire regole non significa smettere di essere madri: significa esserlo in modo diverso, più adatto alla fase che si sta attraversando, con l’obiettivo di preparare il terreno a una futura relazione tra adulti autonomi che scelgono di restare in rapporto per affetto e stima reciproca, non per bisogno o abitudine.
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