Le arachidi che acquistiamo al supermercato nascondono spesso un’informazione cruciale: la loro origine geografica. Questa mancanza di trasparenza non è un dettaglio trascurabile, ma riguarda direttamente la nostra salute e quella delle persone a cui vogliamo bene. Le aflatossine, micotossine cancerogene prodotte da muffe, e i residui di pesticidi rappresentano rischi concreti legati al consumo di arachidi provenienti da zone con standard di controllo meno rigorosi rispetto a quelli europei.
Etichette vaghe e normative permissive
Guardando le confezioni sugli scaffali, capita spesso di leggere diciture generiche come “Paesi extra UE” o “miscela di arachidi di diversa origine”. Questo accade perché la normativa europea, pur regolata dal Regolamento UE n. 1169/2011, consente per i prodotti trasformati o miscelati indicazioni aggregate che non specificano il singolo Paese di coltivazione. L’origine diventa obbligatoria solo quando la sua omissione potrebbe ingannare il consumatore, lasciando ai produttori ampi margini di interpretazione.
Questa genericità permette di mischiare arachidi provenienti da zone geografiche diverse, con sistemi di controllo e pratiche agricole molto variabili. Il risultato è che diventa praticamente impossibile per noi consumatori capire se stiamo acquistando un prodotto coltivato e conservato secondo standard elevati oppure no.
Le aflatossine: un pericolo reale e invisibile
Le aflatossine sono micotossine prodotte da muffe del genere Aspergillus, in particolare Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus, che proliferano su arachidi, mais e frutta secca quando le condizioni di umidità e temperatura sono elevate. L’International Agency for Research on Cancer ha classificato l’Aflatossina B1 nel Gruppo 1 dei cancerogeni per l’uomo, collegandola soprattutto al carcinoma epatocellulare. Studi epidemiologici condotti in Asia e Africa hanno dimostrato una relazione diretta tra esposizione alimentare ad aflatossine e aumento del rischio di cancro al fegato.
L’Unione Europea ha stabilito limiti molto rigidi per la presenza di aflatossine negli alimenti: per le arachidi destinate al consumo diretto, il limite per l’aflatossina B1 è di 2 microgrammi per chilogrammo, mentre la somma di aflatossine B1, B2, G1 e G2 non può superare i 4 microgrammi per chilogrammo. Questi standard sono tra i più severi al mondo.
Non tutti i Paesi produttori adottano gli stessi criteri. Il Codex Alimentarius limiti aflatossine ha fissato in passato soglie meno restrittive, e diversi Paesi extra-UE utilizzano ancora parametri più elevati. Questo significa che arachidi perfettamente legali in alcuni mercati potrebbero risultare non conformi se sottoposte ai controlli europei.
Clima e conservazione fanno la differenza
Le arachidi coltivate in zone tropicali o subtropicali con elevata umidità sono particolarmente vulnerabili alla contaminazione da Aspergillus. Se vengono essiccate male, stoccate in magazzini umidi o trasportate in condizioni inadeguate, il rischio di sviluppare aflatossine aumenta drasticamente. Conoscere la provenienza geografica e il sistema di controllo del Paese esportatore ci permette di valutare indirettamente il livello di rischio: i Paesi con infrastrutture moderne, filiere tracciate e controlli consolidati tendono a immettere sul mercato lotti più sicuri.
Pesticidi: standard europei contro pratiche internazionali
Oltre alle aflatossine, c’è la questione dei pesticidi. L’Unione Europea ha vietato o limitato fortemente numerose sostanze considerate dannose per la salute e l’ambiente, ma molti Paesi produttori di arachidi continuano a utilizzare principi attivi non più autorizzati in Europa. Studi di monitoraggio internazionale hanno riscontrato residui di pesticidi vietati nell’UE in arachidi e frutta secca importate, anche se spesso entro i limiti massimi applicabili.

Il problema è che i residui di pesticidi possono persistere sulle arachidi anche dopo la tostatura, dato che molti principi attivi sono termostabili. Sostanze come il clorpirifos, un organofosfato neurotossico la cui approvazione UE non è stata rinnovata nel 2020, potrebbero essere state impiegate nelle coltivazioni di alcuni Paesi esportatori. Senza informazioni sulla provenienza, non possiamo sapere quali trattamenti fitosanitari sono stati applicati e se sono stati rispettati i tempi di carenza.
Come scegliere arachidi più sicure
Esistono strategie pratiche per orientarsi meglio tra gli scaffali e ridurre i rischi.
Controllare l’etichetta con attenzione
Alcuni produttori indicano volontariamente il Paese di origine anche quando non sarebbero obbligati. Questa trasparenza va premiata con le nostre scelte d’acquisto, perché contribuisce a rendere la filiera più tracciabile e responsabile. Cercate confezioni che specifichino chiaramente da dove provengono le arachidi, invece di formule vaghe come “extra UE”.
Preferire le certificazioni biologiche
Le certificazioni biologiche europee, regolate dal Regolamento UE 2018/848, vietano l’uso di pesticidi di sintesi e prevedono controlli periodici lungo tutta la filiera. Diversi studi hanno dimostrato che i prodotti biologici presentano in media meno residui multipli di pesticidi e concentrazioni più basse rispetto ai prodotti convenzionali. Per quanto riguarda le aflatossine, il biologico non è automaticamente immune, ma le filiere certificate tendono ad avere sistemi di monitoraggio più strutturati.
Osservare aspetto e odore
Anche se non sostituisce le analisi di laboratorio, l’esame sensoriale resta un primo filtro utile. Arachidi con macchie scure, muffe visibili, odore di rancido o sapore amarognolo possono indicare deterioramento o potenziale contaminazione. Prodotti di qualità superiore presentano colore uniforme, dimensioni omogenee e assenza di frammenti degradati, anche se va ricordato che aflatossine e pesticidi non sono sempre visibili a occhio nudo.
Il potere delle scelte consapevoli
La pressione dei consumatori può davvero cambiare le pratiche di mercato. Segnalazioni a produttori e distributori, richieste di maggiore trasparenza e la scelta sistematica di prodotti con origine dichiarata e certificazioni affidabili diventano un incentivo economico verso filiere più sicure. Studi sul comportamento del consumatore dimostrano che la disponibilità a pagare un piccolo sovrapprezzo per prodotti con informazioni dettagliate sull’origine spinge le aziende a investire in tracciabilità e qualità.
Ogni acquisto è un segnale di mercato: scegliere arachidi con provenienza chiara e certificazioni riconosciute significa sostenere chi investe in controlli rigorosi e rispetta gli standard più elevati. La prossima volta che vi trovate davanti allo scaffale delle arachidi, ricordatevi che controllare l’origine, le certificazioni e l’aspetto del prodotto non è solo curiosità, ma un atto concreto di prevenzione e tutela della salute, vostro e delle persone che amate.
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